Pordenone, 4 maggio 2001

Di Eltofo, 7 Ottobre 2002

Pordenone, 4 maggio 2001

Domattina parto per Bologna. Questo é il secondo appuntamento che il Sig. Pasolini mi ha dato. Viaggerò in treno perché mi permette di scrivere e pensare. Ho incontrato la prima volta il sig. Pasolini a Pordenone in una stanza dell’Albergo Santin, vicino alla ferrovia e alla fiera , e ho svolto la prima intervista. Ricorda in modo impressionante PierPaolo Pasolini, soprattutto nella voce. L’aspetto é quello di un uomo giovane, ma potrebbe anche non essere così giovane. Era vestito alla moda degli anni ’60, giacca scura, camicia chiara, cravatta sottile e pantaloni a sigaro. Mi ha chiesto di filmare le interviste e questo mi imbarazza un po’, ma per lui lo faccio. Non conosco ancora il motivo di questa richiesta, forse lo scoprirò più avanti. L’incontro é fissato per martedì 7 maggio. Porto con me poche cose. Alcuni suoi libri. ‘Caos’ e ‘Il sogno del centauro’ ho nello zaino assieme alla telecamera e due tacquini. Gli altri li prenderò nei luoghi dove vorrà incontrarmi. Sono un po’ imbarazzato perché un intervista é anche il metro di misura dell’ intelligenza dell’ intervistatore e non vorrei scoprirmi impreparato,…come dire, più stupido di quanto mi credo. Ho in testa le risposte pedagogiche e programmate che il sig. Pasolini ha dato alle mie prime, forse banali domande. Ma soprattutto ho in testa il suono della sua voce. Faccio un respiro forte e parto per il secondo appuntamento.

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ROMA , 10 MAGGIO 2002

Ho incontrato il sig. Pasolini al Parco del Triunvirato a Bologna. Un luogo adatto alla procedura con la quale mi ha chiesto di fare le interviste. Vuole che registri tutto con una telecamera digitale e per questo motivo, posizionare il cavalletto, non attirare troppi curiosi e tutto il resto, ha scelto un parco per il nostro incontro. Mi ha spedito un e-mail per comunicarmi luogo e orario dell’ appuntamento così ora ho la sua che é rimasta attaccata alla lettera. [email protected] , questo é l’indirizzo del sig.Pasolini….se voglio posso contattarlo anch’io, forse… Prima dell’ incontro ho fatto un giro per vedere la scuola di Pasolin i, il Liceo Galvani, e la libreria dove comperò i suoi primi libri, la libreria Nanni, sotto il portico della morte. Bologna é bella , come sempre anche sotto la pioggia che cade. Ho aspettato che i ragazzi del liceo uscissero per vedere i loro vestiti e le loro facce. Il sig. Pasolini mi ha parlato dei suoi amori letterari, di suo padre e della dannazione del piccolo borghese. Il nastro contiene tutte le parole. Mi ci vorrà qualche giorno per sbobinarlo ma avrò tempo. Da qualche giorno sono a Roma e aspetto che il sig. Pasolini mi comunichi il luogo del terzo appuntamento.

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ROMA , 11MAGGIO 2002

Non ho ancora avuto notizie dal sig. Pasolini sul luogo della nostra prossima intervista. Intanto sono a Roma e ne approfitto per capire di più e per cercare. Ho affittato uno scooter e sono andato alla ricerca di alcuni luoghi legati a Pasolini. Via Fanfulla da Lodi, la via dove i ragazzi di Accattone si trovavano al bar. Ci sono andato, ho bevuto un caffè al bar sport. La via è misera, come nessuna li vicino. Le sedie le stesse dove i giovani di Accattone indolenti, ingannavano il tempo sfidandosi ai tuffi. Due volte sono passato su quella strada. Una verso mezzogiorno. Giovani muratori albanesi consumavano la pausa pranzo con un panino, sporchi di calce e cemento. La moglie di uno di loro porta un bambino a prendere un gelato. I ragazzi in pausa sorridono. Al bambino parlano in italiano, fra di loro in albanese. I nuovi abitanti della via sono extra comunitari. Alcuni albanesi, altri africani. Ci sono poi tornato il pomeriggio. Il bar era pieno di uomini e anziani, romani, li per fare quello che hanno sempre fatto. ingannare il tempo e parlare delle loro fantasie più infantili. Col tono della sfida, delle periferie di tutto il pianeta. Avrei voluto essere più spietato nella mia ricerca invece quello è un posto dove la gente vive e non me la sono sentita di accendere la telecamera per documentare le loro esistenze. Mi sembrava di essere tornato dove sono nato, a Pordenone, nel quartiere popolare dello stadio. Sulla Appia Antica, poco lontano da San Giovanni, si apre uno spazio grande, un parco che ha il nome di Caffarella. Li Pasolini ha girato “la ricotta”. L’ area è suggestiva e ti porta in pochi metri ad una sensazione di primitiva lontananza rurale. Dolci collinette con pecore, cavalli e alberi bellissimi, canneti e prati verdi come fosse aperta campagna ma siamo dentro la città. Qui i romani vengono a correre. Offrono lo spettacolo dei loro corpi affaticati senza paura di sembrare vulnerabili. Ho meno paura di documentare con la telecamera. Forse sono solo un codardo. Vengo attratto dalla gran varietà di animali e piante. La gente invece mi sembra tutta omogenea. Corridori, amanti della natura, bambini con i nonni ne ricchi ne poveri. Filmo una vanessa del cardo, una bellissima lucertola campestre che ho soprannominato Chaplin, per la sua naturalezza davanti alla telecamera. Anche il parco ha i sui extra counitari. Sono una colonia di pappagalli verdi, penso australiani, che vivono e si riproducono liberi. Penso sia arrivato il momento del mio incontro. Questa la lettera:

> Da:
> Data: 12/05/2002/ 09:27
> A:
> Oggetto:essere vivi o essere morti è la stessa cosa.
> OSTIA.
il sig.Pasolini mi vuole a Ostia. Ci vado ora.

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Napoli, 13 maggio 2002

ieri ho incontrato il sig. Pasolini per la terza volta. Lo scooter mi ha portato fino ad Ostia. la Cristoforo Colombo attraversa l’EUR continua nella via del mare e capisci che Roma ha quel colore perchè é una città di mare. Il sig. Pasolini mi aspetta ad Ostia. Senza neanche pensare vado dritto verso una parola: idroscalo. Il lungomare di Ostia finisce li, in una strada stretta appunto via dell’ idroscalo. La strada è veramente stretta e la mia attenzione la uso per tenermi a distanza dalle auto che passano. Ma il mio occhio cerca una scultura bianca, che ho visto in molte foto e che è li a ricordare quel 2 novembre del 1975 dove l’ esistenza di Pier Paolo Pasolini è arrivata alla fine nel modo più tragico. Una collinetta di sabbia copre la visuale su uno spiazzo recintato con rete di metallo. Dentro c’è la statua. E’ li che Pierpaolo Pasolini è stato trovato. Rovesciato con la faccia a terra.” Sembrava immondezza” ha dichiarato la donna che per prima ha visto il cadavere. Fermo lo scooter, cercando di non farmi investire e scendo. Vorrei superare la rete per andare più vicino ma resto li, a guardare. Un cagnolino esce dalla rimessa di auto sul mio lato della stradina per abbaiare e difendere la sua proprietà. Um uomo robusto intima al cane.- lascialo sta’, entra e nullo disturba!- Il suo modo per dirmi che ha capito perchè sono in quel posto così prosaico ma così sacro. Chissà quante persone ha visto fermarsi per lo stesso motivo. Poco più avanti la strada finisce e si apre in uno slargo. L’ ultima fermata del bus e un bar. Una famiglia di pittbull , madre e quattro cuccioli curiosi si avvicinano al mio scooter appena spento. Il mare si rompe contro i frangiflutti artificiali e dietro si intravedono i cantieri delle navi da diporto che li vicino vengono costruite. Guardo il mare e mi spingo nei miei pensieri. Ho quasi dimenticato che sono qui per l’intervista. Il sig. Pasolini è dietro di me, lo sento, mi giro e vedo la sua faccia. Senza occhiali questa volta. La somiglianza è sempre impressionante ma ogni volta che lo incontro è una sorpresa. Oggi sembra più veccchio dell’ altra volta. Ma la voce è la cosa più sorprendente. Decide il posto e cominciamo l’intervista.

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Napoli 14/05/2002

Le interviste che il sig. Pasolini mi ha rilasciato sono piene di concetti e per capire meglio quello che vuole dire vorrei riuscire ad ordinare le frasi, perchè sono sicuro che quello che mi dice è gia stato detto o scritto da Pier Paolo Pasolini, da qualche altra parte. Una bibliografia di ciò che mi dice, di questo avrei bisogno. Ma io non sono un ‘esperto’ di Pasolini. Sono solo un uomo che si è spinto in una ricerca. Mi veniva da scrivere perso in una ricerca. Comunque, quello di cui ho bisogno è un vero esperto che poossa sezionare i discorsi del mio Pasolini e riordinarli per data e provenienza. Penso di sapere chi potrebbe aiutarmi. Si chiama Francesca fa l’insegnante di italiano negli Stati Uniti. Ha la mia età ed è partita da Pordenone anni fa in nome di Pasolini. Prima a Parigi poi negli Stati Uniti appunto. Le spiego che sto seguendo un sig. Pasolini che ho scovato in rete. Anzi che mi ha trovato in rete. Che quest’ uomo, o artista o pazzo che sia ricorda l’aspetto fisico e soprattutto la voce del poeta, che sto seguendo le indicazioni che da lui ricevo via e-mail per realizzare un intervista, che mi sta facendo girare per tutta l’ Italia e che ho bisogno di una ‘esperta’ per ordinare quello che mi dice. le mando subito la trascrittura delle tre interviste che mi fino ad ora il sig. pasolini mi ha concesso (quella a Pordenone, quella al parco a Bologna e quella sul litorale di Ostria) e Francesca capisce tutto subito. Non mi lascerà da solo nel mio viaggio. Ero a Napoli che spettavo l’ indicazione per il nuovo appuntamento e mi è arrivata la e-mail che segue e che giro subito a Francesca. Lei di sicuro mi puo’ aiutare ad individuare il luogo del perossimo incontro.

>Da:
>Data: 17/05/2002/ 13:27
>A:
>Oggetto: …e che cos’è la realtà?
>Io (Pasolini). Che cos’è il cinema?
>Franco Citti. Il cinema è il cinema.
>Io (Pasolini). E che così? la realtà?
>Franco Citti. Quella che esiste solo nei puri.
>Io (Pasolini). E tutto il resto che cosè?.
>Franco Citti. E’ ingiustizia.
>Io (Pasolini). il cinema rappresenta sempre la realtà?
>Franco Citti. Io penso che rappresenti, in generale, l’ingiustizia. perchè i
registi puri sono pochi.
>Io (Pasolini).Tu in quale realtà vivi? nella realtà che è nel cuore dei puri
o nella realtà che è ingiustizia ( e che Elsa Moreante ed io chiamiamo
“irrealtà”)?
>Franco Citti. Io vivo nella realtà che è nel cuore dei puri, ma sono anche
costretto a vivere nell’ ingiustizia.
Francesca risponde:
– Niente di più facile caro Davide
Il tuo sig: Pasolini ti vuole sull’ Etna (o meglio, come lui lo chiamava sul
deserto dell’ Etna).
Questo dialogo che ti ha spedito é tratto da “CAOS” la raccolta degli articoli
apparsi su “il tempo” fra il ’68 e il ’70. Si intitola “Dialoghetti sul cinema
e sul teatro” ed è ambientato proprio sulle pendici del vulcano, durante le
riprese del film “Porcile”.
Non ti resta che prendere un traghetto da Napoli, dove ora sei, e andare in
Sicilia.
tua Fran –
Controllo meglio la lettera che porta in testa una data e un ora:
17/05/2002/ 13:27
Questo sarà il giorno del mio incontro, questa l’ora.
non mi resta che arrivare sull’ Etna.

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Pordenone 26 giugno 2002

Qualcosa di nuovo è successo oggi. Il sig. Pasolini ha lasciato un messaggio sul proprio sito, dopo un mese di silenzio. Dopo l’incontro avuto con lui sul lato sud del vulcano Etna, sopra Trecastagni, avevo perso le sue tracce e per questo avevo smesso di scrivere . Sono rimasto a Fleri, sopra Catania per qualche settimana in attesa di una sua nuova chiamata che non arriv?. Il mio pensiero é volato oggi a tutto cio’ che mi ha raccontato in quei cinque incontri che sommariamente ho descritto nelle precedenti comunicazioni. Ma non ho ancora capito che cosa il sig. Pasolini realmente vuole da me. Ho avuto anche la netta sensazione che non l’avrei più rivisto. Che prima o poi un telegiornale locale avrebbe riportato la tragica notizia di un uomo senza identità trovato morto da qualche parte. E a quel punto io, unico depositario della parola avrei capito finalmente che questa non era che una richiesta d’aiuto che non sono riuscito a raccogliere. Il sig.Pasolini é vivo e oggi me l’ha dimostrato lasciando un messaggio proprio nel suo sito. http://www.geocities.com/sig_pasolini Le parole che trovate accanto alle sue foto (finalmente potrete capire che non era una mia fantasia; il sig. Pasolini esiste) non portano indicazioni bibliografiche ma sono sicuro sono gia state dette dal poeta. Come del resto quasi tutte quelle che il sig. Pasolini mi ha regalato nelle sue precedenti interviste. E’ attraverso questo sito che l’ho incontrato per la prima volta. Le foto nelle quali lo riconosco di più la 01 e la 05. Le altre mi aiutano a capire chi era il sig. Pasolini prima del nostro incontro.

“Intervista a Pasolini”

Di Eltofo, 18 Febbraio 2002

“Intervista a Pasolini” è una cosa nuova.
Alan Moore, l’autore di fumetti che ha scritto “From Hell”, ha affermato che il solo modo per scrivere di storia è attraverso la fiction. Non so se ha proprio detto queste precise parole, ma da qualche giorno me le ripeto e le ripeto ad altri e mi sembrano sempre più vere. Penso sia questo che sto cercando di fare con “Intervista a Pasolini”. Cerco di mettere in gioco il pensiero del poeta, la sua biografia, la sua bibliografia, le sue parole e le testimonianze da lui lasciate nelle interviste giornalistiche e televisive cercando modi e forme per rendere tutto questo letteratura, non saggistica. Praticamente un romanzo a fumetti.
E insisto a vivere tutto sul filo dell’esperienza personale, spingendo l’autobiografia, l’autorappresentazione fino a descrivere il viaggio per la realizzazione dell’opera e a cercare di viverlo prima di scriverlo. Nessun distacco, tutto in una contemporaneità che farà del mio libro, in fondo, un diario. Questo modo di affrontare il lavoro, non questo che vado a comunicare, ma tutti i miei fumetti precedenti a questo, l’ha intuito per primo Igort. Mi aveva suggerito di reimmaginare tutto cio’ che avevo scritto e disegnato in vita mia come un diario, come il documento di un artista, senza soluzione di continuità. Forse oggi prendo coscienza di questo suo suggerimento per superarlo. Il diario ha bisogno di essere scritto, percio’ ha bisogno di una vita da raccontare. Questo io cerco. Cosi’ sono andato a Casarsa della Delizia (un ossimoro, il primo) a visitare la casa che fu di Pasolini, comperata dalla Provincia di Pordenone e RISTRUTTURATA.
Penso che ci sia stato anche qui una guerra fatta di parole. La casa è stata appunto RISTRUTTURATA, ma forse avrebbe dovuto essere RESTAURATA. La ristrutturazione ha cancellato il documento che avrebbe potuto essere questa casetta di quattro stanze e due piani regalandoci una modesta casa piccolo-borghese anni ’80, ma la cordiale disponibilità del bibliotecario Marco e la coscienza della fasulla ristrutturazione cresciuta ormai in tutto il paese di Casarsa, mi hanno fatto vivere quella visita comunque con un prolungato brivido di commozione. Marco mi ha poi mostrato custoditi in biblioteca, i manoscritti del poeta. Le prime stesure delle poesie a Casarsa, scritte con calligrafia nervosa e impaginate con perizia a modo di menabo’ per la stampa: frontespizio, dedica, e ora le poesie, in una prima stesura, poi rimaneggiata e abiurata, come sarà per sempre. Mi sono iscritto alla biblioteca e ho preso in prestito tre libri. “Atti impuri e Amado Mio”, “Pasolini su Pasolini” , un intervista di una giornalista irlandese a Pasolini rilasciata nel 1969 e “La meglio gioventù di Pasolini” di Giuseppe Mariuz, un documento sui ricordi del Friuli negli anni della guerra.. Sono tornato a casa per leggere e mi sono a occorto subito che non stavo bene. Mi sembra quasi di essere inseguito da un fantasma. O forse è una orribile realtà. Comunque per la prima volta, in vita mia ho desiderato con tutto me stesso di non essere a Pordenone, di non essere a casa mia. Vado da Marcella a Trieste, con Enrico e gli studenti. Quattro giorni di distacco da quasi tutto. Per leggere i libri che ho preso in biblioteca e per scappare da quella cosa che mi sembra mi stia cercando.
Preparo tutto e vado a Trieste dimenticando clamorosamente i libri sul tavolo della cucina. A Trieste Marcella ha un libro di Pasolini in casa. Come tutti gli studenti ignorantelli. Si intitola “Le belle bandiere”. Me lo faccio. Ma io sono venuto a Trieste per Pasolini e per sentire la voce di Lilla. Voglio dirle che sto partendo per un viaggio che s’intitola “Intervista a Pasolini”. Lei mi puo aiutare. Ho provato a spiegarle cio che voglio fare. Lei ha capito quello che voleva e ha cominciato a rovistare nei suoi ricordi come una mano in una borsetta e ha tirato fuori, in ordine sparso frammenti di una foto strappata e da ricomporre di un Pasolini disilluso, tormentato da una pulsione erotica bruciante, lo stesso che avevo intravisto in una intervista fatta poco prima che morisse. Su una spiaggia che poteva essere Grado o Ladispoli. Ho provato a sbirciare nella sua borsetta per veder se ci trovavo anche il Pasolini più sorridente, rivoluzionario e marxista, mi sarei accontentato anche di uno romano, non cervavo quello bucolico del periodo del rifugio friulano, ma lei me lo ricacciava indietro dicendomi che il Pasolini che lei sta ricomponendo è il Pasolini da ricordare e perché Pasolini per tutta la vita ha riletto tutto, abiurato rinnegato e riscritto tutto. Ma cos’ è la coscienza di un autore, il suo autocontrollo la propria rilettura, contro la folgorazione dell’ispirazione? avete gia capito la
risposta che io daro’. Ho continuto a ribadire il concetto che una passione per la vita, per la scrittura cosi’ totale è stata mossa da un dolore enorme. E il motivo del suo dolore io penso di conoscerlo. E’ per questo che voglio questo libro. E’ un dolore profondo contro la sofferenza del mondo. Per un uomo che ascolta questa sofferenza è lancinante e non trova ragione se non in una razzionalizzazione robusta, in una presa di coscienza. Ma quello che puo’ uscire da una bocca sulla quale riconosco questa smorfia, cio’ che viene fuori è un canto. Lieve e straziato. La poesia.
A Lilla non penso piacerebbe questa mia visione cosi’ sentimentale, … ci fosse un altro termine meno scemo. Atroce è un aggettivo che Pasolini usava moltissimo. Atroce è vivere in un
mondo di passaggio, per la prima volta. Si puo’ solo sbagliare. Comunque la parola chiave che Lilla mia ha regalato è BATTICUORE. Quello che provi verso le cose belle. Verso le persone che desideri, quello che ti viene quando incontri uno sguardo. E cosa ti puo’ ancora dare BATTICUORE? Un linguaggio apparentemente monco come il fumetto puo’ dare spazio a nuove bellezze, quelle davanti alle quali trasali, e hai un batticuore come lo chiamava il sig. Pasolini. Insomma un Batticuore sto cercando. Un luogo della battaglia e del piacere e penso che questo libro potrà essere questo. E se il mio libro non diventerà un capolavoro assoluto, verrà comunque ricordato come una cosa nuova.
Lilla mi ha detto che verrà bello perché lo faccio io. Verrà bello perché sarà un romanzo a fumetti come non ne ho mai fatti e potra’ fare a meno di fare i conti con 3000 anni di storia delle letteratura. Più novecentescamente potra’ fare i conti con poco più di cento anni di scrittura. E percio’ le vene tremano meno e lo sforzo mi sembrerà possibile. “Intervista a Pasolini” è una cosa nuova.

Qualche mese fa

Di Eltofo, 27 Dicembre 2001

Qualche mese fa Enrico, dovendo sostenere un esame per il suo corso di laurea in ‘Scienze della comunicazione’ presso la facolta’ di lettere a Trieste, venne a contatto con un poeta che lavoro’ con il cinema. Pier Paolo Pasolini.
Io ed Enrico siamo legati da una parola, un ossimoro precisamente : TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI (come i fratelli siamesi ma a differenza di loro noi siamo in tre…e se il nome deriva dal fatto che i due erano originari del Siam, potremo noi tre chiamarci con il neologismo, fratelli friulani…o pedemontani…o pordenonesi) e cosi’ che la comunicazione fra noi non avvine solo attraverso le parole ed Enrico mi viene a dire con le parole e anche con altro che, dentro Pasolini c’e’ qualcosa che lui riconosce mio.
Ma di Pasolini conosco poco, anzi, quasi niente. Che cosa mi vuole dire Enrico?
E cosi’ e’ che mi sono imbarcato nel viaggio che mi vede ora sulla strada della realizzazione di
un qual’cosa. Il progetto ha un nome: “Intervista a Pasolini”.
Perche’ questo e’ il mio modo di conoscere, e voi gia lo sapete. Disegnare.
Le cose ti chiamano ogni tanto. Non vorrei sembrare sciocco ma a me succede cosi’.
Entro in libreria e mi faccio chiamare dai libri. Quando compero i disci va di solito peggio
e spesso compro cose non entusiasmanti, ma con i libri ho piu’ sintonia.
Se stai sveglio con questa parola chiave in testa, Pasolini, senti che e’ un nome fortemente presente …tanto per cambiare la settimana dell’ “illuminazione” (perche’ cosi’ io descrivo la scintilla che porta alla scrittura) nella mia radio preferita, Radio 3, hanno realizzato un documentario di 5 giornate sui ‘luoghi pasoliniani’ con documenti registrati della gente che l’ha conosciuto. Comunque il suo fantasma si muove ancora nella cultura occidentale. Dentro le case degli studenti per esempio, giovani e pronti ad ascoltare. Pronti a riconoscere maestri (e quanto piaceva insegnare a Pasolini!). La voce del poeta arriva, magari attraverso i suoi film…e questo mi e’ capitato. Vado a casa di Enrico, a Trieste, dove vivono come gatti randagi alcuni ‘studenti modello’, non perche’ siano particolarmente diligenti, quanto perche’ sembrano dei “modelli” di “studente fuorisede” (e non vorrei sembrare offensivo). Comunque raccontavo che, in questa casa, fra una playstation e un aperitivo, la voce di Pasolini esce ancora dalla bocca di Orson Welles con il suono di quella di Giorgio Bassani, in perfetto sincrono, per pronunciare parole chiave, come broghesia, orrore, poesia…contestazione. Vado a dormire con queste parole nella testa, ascoltate in un intervista televisiva disponibile sulla raccolta video pubblicata da Einaudi “Paolini racconta Pasolini”: “Un autore e’ sempre una contestazione vivente, contro lo stato, contro l’istituzione, contro il senso comune”…Enrico mi ha aperto una porta e io ci sono entrato.

Ci ho messo un anno

Di Eltofo, 17 Novembre 2001

Ci ho messo un anno a fare questo nuovo libro. E’ una biografia. Lunedi’ sara’ in vendita…e’ arrivato il momento di allontanarsi da quello che ho fatto e lasciare lo spazio a chi lo leggera’. Sono pronto a farmi da parte.
Queste che seguono sono le parole che precedono il libro. Le ho scritte io, un po’ per spiegare , un po’ per capirmi…
‘CARNERA. La montagna che cammina’ racconta la storia del pugile friulano, dalla partenza dal suo paese di origine, Sequals, alla conquista del mondiale, a New York, il 29 giugno del 1933.
Questo che avete in mano è un romanzo speciale, una biografia a fumetti, ma non aspettatevi una lettura didascalica, il mio ‘CARNERA. La montagna che cammina’ l’ho immaginato come un ‘piccolo film tascabile’.
Per fare questo libro ho ricostruito la vita del campione friulano basandomi sulle tante biografie che negli anni sono state realizzate, perché da quei lontani anni Trenta del secolo scorso, l’interesse su Carnera, in realtà non si è mai affievolito. Le cose che ho raccontato, ripercorrendo l’epopea di una storia sportiva assolutamente documentata, quando non sono vere, sono verosimili e fanno capire il grande impatto, oggi si direbbe mediatico, di un personaggio che puo’ essere considerato uno dei primi sportivi moderni.
Ho camminato sulla piazza di Sequals, ripensando ad un ragazzo che, negli anni Venti parte da li’, come tantissimi emigranti friulani in cerca di fortuna, con la pancia che brontola per la fame e, pochi anni dopo vede il suo sogno realizzarsi.
Ho visionato film e foto dell’epoca per ricostruire la New York degli anni Trenta e sono stato negli Stati Uniti, precisamente a Miami, per capire lo stupore di un europeo che arriva in America.
Non sono propriamente un disegnatore realistico e il mio Carnera è a volte realistico, a volte stilizzato, quello che mi interessa è avvicinarmi il più possibile al carattere del pugile. Ma è stata la forza visiva del gigante l’elemento che mi ha reso facile immaginare una narrazione per immagini. Un giovane gigante (Carnera aveva 26 anni quando vinse il mondiale) che da fenomeno da circo, diventa un atleta vero e gioca la carta della sua diversità in un mondo difficile e spietato come quello della boxe. Un ragazzo che, nel suo incredibile percorso, incontra con uguale semplicità principi, dittatori, manager spietati, uomini e donne dello spettacolo e tantissima gente, anzi folla, massa. Quell’elemento entrato prepotentemente all’interno della comunicazione novecentesca, che spesso non ha volto o nome, ma che ha avuto un ruolo reale nella vicenda di questo atleta. Un ragazzo enorme che ha vissuto una vicenda enorme, ed è diventato un simbolo per un Paese in cerca di affermazione e riconoscibilità quale era l’Italia negli anni del fascismo. Primo, eroe delle folle (si fermavano le fabbriche quando passava per le città d’Italia e d’America), era cosciente di essere in debito con il suo pubblico, esattamente come i grandi attori, come gli uomini pubblici, quelli più intelligenti e il suo modo per mostrarlo era il sorriso. L’ho capito quando mi sono trovato davanti al problema di disegnare la faccia del campione.
Carnera era un moderno Golia, un maciste, amato dalla gente innamorata del suo spettacolare fisico e del sorriso generoso di eroe buono, cosi’ e’ come si potrebbe stilizzare la figura del campione.
Per immaginare una scrittura che sostenesse questa idea sono partito, come sempre mi succede da qualcosa a me familiare, l’amore che mio nonno Giovanni, quasi coetaneo del campione, portava per Carnera, come lui, accompagnato nel suo percorso esistenziale da una moralità semplice, dove il forte coincide con il buono e il buono con il giusto. Ho riconosciuto nei gesti atletici di mio nonno il tentativo di imitare stile e potenza del gigante e ora, dopo la mia ricerca posso dire che Giovanni Toffolo era un buon imitatore. Lo disturbava molto sentire parlare di Carnera come di un atleta dalle dubbie doti pugilistiche e, per chiunque abbia visto un filmato del pugile sul ring, sarà facile capire perché. Sul filo del ricordo, attraverso i racconti di mio nonno, grande sostenitore del boxer, ho potuto approfondire la mia ricerca senza dimenticare l’amore e l’emozione con la quale il gigante di Sequals ha colorato la ‘mitologia quotidiana’ della mia famiglia.
Ma questa che racconto è anche la storia di un’amicizia fra un ragazzo e un uomo, un manager dalle buone capacità, che ha saputo intuire nella faccia e nella voce di un giovane emigrato italiano in Francia la possibilità di realizzare il proprio sogno, quello di conquistare il titolo mondiale dei pesi massimi.
Nel riordinare i documenti della vicenda mi si è rivelata, parallelamente alla cronaca sportiva, la storia di un ragazzo che diventa un uomo, perché in fondo questo è quello che credo sia successo in quel periodo della sua vita.
Buona lettura

Volo sulla mia città

Di Eltofo, 30 Luglio 2001

VOLO SULLA MIA CITTA’
volo sulla mia città con la bicicletta
e faccio finta di non sapere quanto male fa cadere giù
con la luna appiccicata sulla schiena
e la testa piena di petali di te
volo sulla mia città con la bicicletta
e spero non mi faccia male stare senza
e se solo mi spavento
cado giù e se solo mi spavento
sono ora come sono sempre stato un
bambino in piedi in mezzo al prato
in mezzo all’erba verde più alta di me
sono ora come sono sempre stato

ho scritto questo pezzo in un momento difficile, quando facevo a pugni con il malessere che si avvicina alla depressione. In fondo a quel buco ho avuto l’intuizione di essere il solo responsabile della mia esistenza (e per questo anche delle mia disgrazie). Quanta presunzione c’e’ in un ragazzo di provincia che decide di diventare un inventore di immaginario? Ma c’e’ una sola realta’ per un cantastorie. La realta’ e’ credere alle proprie BUGIE. Crederci fino a riuscire a volare con una bici. E cosi’ mi sono sentito piccolo ,anzi, bambino, quando la mia passione era capire come la natura aveva elaborato infinite forme di esistenza, tutte diverse ma ugualmente bellissime.
‘Sono ora come sono sempre stato’ e se solo ci credero’ lo saro’ per molto ancora.

Beat(o) quante cose posso fare

Di Eltofo, 28 Luglio 2001

BEAT(o)
quante cose posso fare in un giorno solo
forzare la mia ispirazione in cambio di denaro
andare a centottanta all’ora cavalcare il mio futuro
lavorare pedalare camminare
ma quello che mi piace è star disteso sulla terra
e sincronizzare il fiato con il battito che ha
esplorare senza luce le stanze del cervello
e annusare l’aria per capire se domani pioverà
sar? aperto e disponibile
sottomesso ad ogni cosa
come un santo del passato
per un futuro beat
quanti sbagli posso fare in un giorno solo
allontanare il freddo stringendoti di più
stare in orbita costante sopra quello che vorrei
lavorare pedalare camminare
ma quello che mi piace è starmene da solo
non per questo non mi piaci
ma a me piace cos?
e qualche volta scrivere
per far capire al mondo la visione che ne ho
sarà aperto e disponibile sottomesso ad ogni cosa come un santo del passato per un futuro beat

Questo e’ il brano che chiude il disco.
l’ho scritto quando ero a Miami ma in realta’ racconta di Luca. Poche parole oltre a quelle gia scritte. Un’ indicazione: centra con ‘scrivere bop’ del sommo beat, come gia ho scritto, ma anche molto con noi, TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI.
E’ colpa nostra se abbiamo immaginato il gruppo come un viaggio esistenziale e non come un prodotto?
e poi dentro c’e’ anche un certo PIERO CIAMPI che era uno che scriveva cose bellissime e pochissimi se ne sono accorti prima che fosse realmente morto.
Un allegro ragazzo morto praticamente.

Il disco è finito. Giorgio.

Di Eltofo, 27 Luglio 2001

Il disco e’ finito.
Giorgio Canali ha concluso il suo lavoro meraviglioso per dare un colore ai nostri nuovi undici piccoli mondi e ora c’e’ l’ho a casa.
Il disco e’ pronto e questo vuol dire anche qualcuno l’ha gia ascoltato.
Le persone piu’ vicine, per ora.
Siamo ancora l’ ‘adolescente eterno’ ma questa volta il panorama e’ piu’ ampio, gli schemi meno rigidi, i colori vari, l’emozione vibrante,il suono piu’ vero… un passo nuovo.
Questo dice piu’ o meno chi lo ha ascoltato.
Cosi’ posso dire che la visione del titolo, era una visione rivelatrice.
LA TESTA INDIPENDENTE.
Una testa (la mia) che rotola sull’asse delle braccia e incontra, nella mano desta, una altra testa (quella di Luca), per rotolare ancora ed incontrarne un altra (quella di Enrico) sulla mano sinistra.
LA TESTA INDIPENDENTE.
Quella che ci piacerebbe avere.
E pensare che dentro a questo disco che sentiamo cosi’ ‘nuovo’ ci sono anche cose lontanissime, che sono pezzi della nostra memoria.
LA TESTA INDIPENDENTE contiene una canzone di miSs xoX & Andy Warhol Banana Technicolor, del 1979, uscita 21 anni fa nella compilation THE GREAT COMPLOTTO che si intitola I AM IN LOVE WITH MY COMPUTER.
Questa canzone e’ il risultato di un pensiero di adolescenti di fine millennio pronti ad immaginarsi un futuro ‘ nuovo e possibile’. Con i loro synt analogici, cercando di sintetizzare le batterie per dare un suono ad un futuro-naif che assomigliasse, almeno in parte, alle loro letture fantascentifiche. Una stagione lontana e come molte cose lontane ha quel gusto di zucchero filato. Allora vi ricordo, siamo a PORDENONE, provincia dell’Impero della comunicazione, Italia, 1979.
Che quel synt suonato da Jonny bee Good e l’incredibile voce dell’inventore di mondi miSs xoX potessero ancora evocare quel momento di fine secolo in modo cosi’ preciso, l’ho potuto scoprire ascoltando la canzone finita.
IAM IN LOVE WITH MY COMPUTER
sara’ ancora colpa del fiume, o che vivo nel culo del mondo,
sara’ che sono diventato un cartone da TV,
sara’ che ricordo benissimo quando sembrava possibile…
I am in love with my computer!

Un inverno a Pordenone

Di Eltofo, 28 Giugno 2001

UN INVERNO A PORDENONE
prova a stare con me un altro inverno a Pordenone
sara’ un letargo dolce senza inverno e freddo
sara’ perche’ e sempre troppo uguale

Dice che qui non resta
che quello che vuole qui non c’e’
ci fosse almeno una ragazza uguale identica a me
Dice che qui non resta,
che non lo fermera’
il bene che gli vuoi ancora
il bene che ti vorra’
(e ripete)
sto bene solo
con le mie scarpe nuove
il resto non mi muove
lontano dalla mia casa piu’ della luna
e la sola cosa che posso desiderare
io, io solo contro il mondo
e meglio se mi calmo
lontano dalla mia casa piu’ della luna
e la sola cosa che posso desiderare
dice che qui non resta
che quello che vuole qui non c’e’
ci fosse almeno una ragazza uguale identica a me
dice che qui non resta,
che non lo fermera’
il bene che gli vuoi ancora
il bene che ti vorra’
prova a stare con me un altro inverno a pordenone
sara’ un letargo dolce senza inverno e freddo
sara’ perche’ e sempre troppo uguale

UN INVERNO A PORDENONE era il titolo di un ‘cofanetto’ di tre 45 giri, realizzato da alcuni gruppi del Great Complotto di Pordenone attorno al 1980.
L’intuizione del titolo era forte e mi ha spinto a scrivere un omaggio a quel ‘momento’ dove non c’era distanza fra il fare e l’essere, dove gli adolescenti raccontavano e vivevano la loro condizione in tempo reale. Ma e’ anche la canzone alla mia citta’. Io la chiamo la capitale del rock perche’ per me lo e’ realmente stata. Gli unici ‘miti’ musicali che ho avuto da minorenne provinciale li ho vissuti da vicino. Si chiamano Miss XOX, 0010011, MESS, insomma la scena del Great Complotto di Pordenone, parlo del 1980, un po’ prima e un po’ dopo, quando , subito dopo il punk tutto sembrava possibile e nuovo. Tutto sembrava per la prima volta. Ecco perche’ nel nuovo disco c’e’ anche una ‘cover’ di un gruppo dei quel mondo. Si intitola I AM IN LOVE WITH MY COMPUTER. Nella sua ‘previsione ‘ del futuro prossimo MISS XOX ci aveva visto giusto.

Volo sulla mia città

Di Eltofo, 27 Giugno 2001

volo sulla mia citta’
con la bicicletta
e faccio finta di non sapere quanto male fa cadere giu’
con la luna appiccicata sulla schiena
e la testa piena di pitali di te
volo sulla mia citta’
con la bicicletta
e spero non mi faccia male
stare senza
e se solo mi spavento
e se solo mi spavento
cado giu’ e cado giu
e se solo mi spavento
e se solo mi spavento
sono ora come sono sempre stato
un bambino in piedi in mezzo al prato
in mezzo all’erba verde, piu’ alta di me
sono ora come sono sempre stato
e se solo mi spavento
cado giu’ e cado giu
e se solo mi spavento.

Ho scritto queste righe per raccontare un momento buio. Una depressione. Insomma la chiamano cosi’ ma io la chiamo anche in un altro modo. Rock & roll, un giorno su due giorni giu’. A me succede spesso e non sono riuscito ancora ad abituarmi. Ongi volta che suono, ogni volta che pubblico qualcosa, perdo un pezzo di me e come reazione all’eccitazione , segue il buio. Percio’ Rock & roll, un giorno su due giorni giu’. E non dico che cosa mi provocano le telecamere televisive. Penso sia per questo che ho scelto l’assenza dell’immagine pubblica per la cosa a cui tengo di piu’. Il mio gruppo. Ho provato a descriverla con una metafora questa depressione che mi prende, ciclica. Come una bicicletta che vola, solo se sto bene. la srittura poi ha aperto un frammento della mia infanzia, quando il mio interesse piu’ grande era capire la natura e passavo guiornate da solo dentro i campi non coltivati della periferia di Pordenone. Pordenone, un altro elemento importate delle canzoni nuove ma questo ve lo racconto domani.

Ogni adolescenza

Di Eltofo, 24 Giugno 2001

ogni adolescenza coincide con la guerra
che sia falsa che sia vera,
ogni a dolescenza coincide con la guerra
che sia vinta che sia persa
oggi canto del mio braccio
che mi ha tradito
oggi del sorriso che non trovo piu’
oggi canto del mio amico che mi e’ morto accanto
e della sua morosa che non crescra’
ogni adolescenza coincide con la guerra
che sia falsa che sia vera
ogni a dolescenza coincide con la guerra
che sia vinta che sia persa
e non ti vantare se la tua e’ stata mondiale
la mia sembra solo un fatto personale
e non ti vantare se ci hai perso un fratello
la guerra e’ guerra
e succedera’ anche a me
e non ti vantare se la tua si chiama vietnam
la mia e’ poco piu’ di un argomento da giornale
e non ti vantare se ci hai perso un fratello
un amico mio ci ha perso il cervello
ogni adolescenza coincide con la guerra
che sia falsa che sia vera
ogni a dolescenza coincide con la guerra
che sia vinta che sia vera.

(treallegriragazzimorti)

Questa canzone e’ venuta fuori da alcune cose che avevo letto, in particolare un intervista del disegnatore americano Robert Crumb, che con il suo cinismo aveva esplicitamente detto che se la generazione dei sui genitori aveva come immaginario comune la Seconda Guerra Mondiale, lui e i suoi amici avevano come sfondo comune la guerra dell’LSD…
Io ho immaginato qualcosa di piu’ ‘universale, con una filastrocca che resta cinica , ma e’ anche un po’ di piu’.
E’ un ritratto, e come tale non parla di me direttamente, ma di quello che ho visto intorno.
Il sottomarino e’ in subbuglio perche’ la filastrocca e’ talmente cristallina che potrebbe anche essere il ‘singolo’ del nuovo disco. Haime’, bisogna decidere pure queste cose. Altre canzoni arrivano altrettanto limpide e la pancia del sottomomarino si agita per una decisione da rimandare.